Intervista a Loredana Bessone, l’insegnante degli astronauti

Pubblicata il
4 novembre 2025
Ospite il 7 novembre all’Auditorium Loredana Bessone di Esa (Agenzia spaziale europea) è definita “insegnante di astronauti” e si occupa di preparare gli esploratori di ambienti estremi.
“La tecnologia non può bastare da sola, serve la collaborazione tra esseri umani.” Loredana Bessone
insegnante degli astronauti
Ci può raccontare una delle esperienze professionali che più l’hanno colpita a livello emotivo?
“Il mio primo progetto spaziale è stata le missioni Euromir. Con Paolo Nespoli, allora non ancora astronauta, abbiamo preparato una serie di laptop per supportare astronauti ed esperimenti tecnico-scientifici, collaborando con la Nasa e con colleghi russi. È stata la mia prima esperienza diretta con una missione spaziale: ho imparato a preparare e collaudare sistemi informatici per un volo di lunga durata, redigere procedure, formare astronauti e dare supporto operativo per sei mesi. Ho avuto anche l’opportunità di visitare Baikonur e assistere al mio primo lancio: un’esperienza intensa e indimenticabile”.
Sul fronte del lavoro di squadra, quali sono le principali difficoltà che un gruppo come quelli che segue si trova ad affrontare?
“La sfida principale nel lavoro in team, soprattutto in ambienti complessi e rischiosi, è creare modelli mentali condivisi. Ognuno di noi percepisce il mondo in modo diverso, il che può generare posizioni contrastanti. È come guardare i numeri 6 e 9 da prospettive diverse: ruotandoli, si sovrappongono. Mettersi nei panni degli altri, condividere informazioni e analizzare ogni attività per crescere insieme è fondamentale. Le competenze non-tecniche che si sviluppano in questi contesti sono applicabili in qualsiasi campo, professionale o personale: migliorano la cooperazione, l’efficienza e riducono gli errori e le loro conseguenze”.
Oggi a livello sociale viviamo un tempo in cui la cooperazione gioca un ruolo marginale. È vero? Cosa ne pensa?
“Vengo da una generazione che giocava in strada, parlava con sconosciuti durante viaggi in treno o in aereo, e imparava chiedendo aiuto agli esperti. Al Cern ho lavorato nello stesso gruppo di Tim Berners-Lee quando nasceva il “www”. Da allora il mondo è cambiato: oggi abbiamo risorse quasi illimitate, ma anche la possibilità di usarle male. Siamo bombardati da informazioni, spesso inutili ma divertenti, e possiamo acquistare tutto online. Credo che stiamo perdendo la volontà di diventare esperti e di collaborare con chi lo è. La manutenzione degli oggetti e l’artigianato stanno scomparendo. Viviamo nell’illusione che la tecnologia possa bastare da sola, dimenticando che la collaborazione tra esseri viventi è ciò che ci ha permesso di comprendere il nostro posto in un universo infinito e ancora in gran parte sconosciuto”.
La “collaborazione” è qualcosa che l’ha aiutata nel suo percorso?
“Ho avuto la fortuna di incontrare persone straordinarie nella mia vita personale e professionale, che mi hanno insegnato molto e permesso di fare ciò che faccio oggi. Amo condividere questa esperienza in altri ambienti professionali: con alcuni colleghi organizziamo seminari e workshop con studenti universitari, soprattutto in astronautica e medicina. L’obiettivo è sensibilizzare sull’importanza delle competenze non tecniche e lasciare a ogni gruppo strumenti per crescere autonomamente”.
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